martedì 20 dicembre 2016

Falli soffrire..gli uomini preferiscono le stronze!





Uscito in italiano nei primi mesi del 2006, questo libro si è conquistato in pochissimo tempo un posto d’onore nelle librerie di molte donne, compresa la mia. Un piccolo manuale guida ai segreti dell’altra squadra, e un vademecum eccezionale per ricordare ad ogni donna il proprio valore, un best seller mondiale e una lettura sconveniente ma obbligatoria.

Accattivante, diretto, tagliente. Un libro che fa ridere, che fa riflettere, che mette a fuoco piccole e grandi verità del rapporto donna uomo. Un libro che conquista sin dalle prime pagine per il tono ironico,irriverente e decisamente irresistibile.

Gli uomini preferiscono le stronze: verità o provocazione?

Credo entrambe le cose. Quante volte ci siamo imbattute in donne dal temperamento forte e combattivo che pur non essendo niente di speciale dal punto di vista fisico avevano al loro fianco uomini splendidi che pendevano dalle loro labbra? E viceversa, quante volte si vedono donne bellissime scaricate continuamente dai loro partners? Cosa possiedono le prime donne che le seconde non hanno? Dov’è il trucco?

Prima o poi è successo a tutte, di essere troppo carine, troppo disponibili e sempre presenti, di passare ore ad aspettare una telefonata e di compiacere un uomo oltre ogni aspettativa anche se conosciuto da poco.
La “sindrome da brava ragazza” è un virus che chi più chi meno abbiamo contratto tutte almeno una volta nella vita, ma da cui fortunatamente si può guarire!
Per scoprire cosa, poi? Che gli uomini preferiscono quelle che non si fanno sempre trovare, che si concedono una volta sì e tre no, e che non sembrano troppo bisognose.

Una “stronza” in poche parole. E per quanto se ne dica, di una cosa bisogna prendere atto: gli uomini adorano le donne che li fanno stare sulle spine, chi li rimette al loro posto se alzano troppo i toni, chi ha passioni e interessi al di fuori della coppia. Gli uomini adorano le donne indipendenti che non si fanno mai prendere del tutto, che hanno un atteggiamento forte, intrigante e allo stesso tempo femminile.

Questo libro è una guida alle relazioni di coppia rivolta alle donne “troppo premurose”, le classiche brave ragazze, e l’espressione stronza deve essere usata con leggerezza, come leggero è il tono di tutto il libro.

La stronza in questione non è una donna irritante, maleducata, che tutti detestano, sia ben chiaro. E’ semplicemente una donna che conosce il proprio valore, dotata di una sana autostima, che non rinuncia alla sua vita e non darà mai la caccia a un uomo. 
E cosa fondamentale sa mantenere il sangue freddo quando le situazioni lo richiedono, e questo le permette di esercitare il suo potere quando necessario. Mantiene la calma sotto pressione, ha il pieno controllo di sé e pensa con la propria testa, senza il timore che qualcuno la disapprovi.
Questa donna non vive secondo gli standard di qualcun altro ma solo secondo i propri. E’ indipendente, forte e determinata, e ribadisce senza mezzi termini che se è in una relazione non lo è per bisogno ma per scelta. E questo fa un’enorme differenza.

Scritto in maniera accattivante e decisamente provocatoria, questo libro non insegna come “accalappiare” un uomo e non dice mai che senza un compagno una donna è incompleta. E’ invece un libro sulla fiducia in se stesse e sull’autostima e una guida divertente ma acuta a come dire addio alla “brava ragazza” che si “zerbinizza” quando incontra un uomo interessante ( o che lei presume sia tale, perché care amiche mie tutte sappiamo che spesso l’unico scopo (con la o aperta) degli uomini, è lo scopo (con la o chiusa).

La stronza di cui si parla è una donna che ha capito tutto. Una che sa che se non ti senti all’altezza senza un uomo non sarà certo un uomo a farti sentire all’altezza, e che una relazione può farti felice solo se lo sei già di tuo, o se non vogliamo usare questo termine ormai inflazionato (ma che io adoro) solo se hai già una vita appagante, piena, che ti permette di essere chi sei senza compromessi. e allo stesso tempo di condividere il tuo mondo con un compagno alla pari senza bisogni reciproci da soddisfare.

E guarda caso una donna che ama la sua vita e se stessa indipendentemente da un uomo ha in mano l’arma di seduzione più potente che ci sia, perché gli uomini adorano le donne che sprigionano forza vitale ed autonomia, che si fanno rispettare e non si sminuiscono per loro. Anzi, che magari li fanno anche penare un po’. Una donna forte ma dolce, determinata ma morbida, intelligente e riservata, ma passionale al momento giusto.

Perché se un bell’aspetto è sicuramente un ottimo biglietto da visita, è una bella testa il passepartout che apre ogni porta.


Stronza è bello..;)

sabato 17 dicembre 2016

Il giocattolo sospeso...






E mentre sul canale musicale di Sky passa musica natalizia 24 ore su 24 e fuori torna il sole dopo giornate cupe, umide e nebbiose, io mi sento felice, grata, pienamente dentro questo momento, reso ancora più intenso dall’avvicinarsi del Natale.

Si dice che a Natale si è tutti più buoni, e forse un piccolo fondo di verità c’è. Magari dura il tempo delle feste e poi si torna quelli di prima, ma almeno in questo periodo si respira magia nell’aria e si ha la sensazione che le richieste che si fanno col cuore abbiano una marcia in più per vedere la luce ed avverarsi.

Sarà questo il Miracolo del Natale? Una speranza che si credeva persa e che invece in questi giorni torna ad ardere dentro di noi?

Sta di fatto che mentre nel mondo si consumano guerre, violenze e tutto il peggio che si può immaginare, ci sono piccole iniziative che fanno pensare che forse il genere umano non ha proprio fallito del tutto, e che la speranza di un’umanità più coesa e unita da un obiettivo comune che è vivere insieme collaborando possa esistere ancora.

Come tutte le grandi cose parte dai piccoli, dagli anonimi, dalla gente comune. Per quanto si dica degli italiani, siamo un popolo con un grande cuore, e quello che sto per raccontarvi lo dimostra.

C’è un’usanza partenopea che si chiama il” Caffè sospeso”. Si entra un bar, e dopo aver bevuto il caffè se ne lascia un altro pagato per un futuro cliente bisognoso. Questa usanza viene condivisa anche in altre parti del mondo, dove si lasciano colazioni pagate per chi ha bisogno ma non ha la possibilità di acquistarla. Questo piccolo gesto di solidarietà è in realtà la dimostrazione che ogni giorno nel cuore e nella mente delle persone c’è un pensiero per chi non è altrettanto fortunato da potersi permettere una bevanda calda e un momento ristoratore.

Non c’è bisogno di gesti eclatanti per fare la differenza. Certo a natale ha tutto un altro sapore, ma la vera magia è che succede tutto l’anno.

Ma quest’anno c’è un’altra iniziativa che scalda il cuore e pone l’attenzione sui veri protagonisti del Natale, i bambini, con i loro desideri e la luce negli occhi in attesa del panciuto signore con la barba che in una sola notte porta i regali ai bimbi di tutto il mondo.

Accanto all’ormai famoso caffè sospeso,  appare il “giocattolo sospeso”, iniziativa del comune di Napoli per permettere a tutti i bambini, soprattutto i meno fortunati, di mantenere viva dentro di loro quell’emozione e curiosità che purtroppo,a causa di condizioni disagiate, a volte viene soffocata.

Il principio è lo stesso: si compra un giocattolo in uno dei punti che partecipa all’iniziativa, e se ne lascia uno pagato per un bimbo “bisognoso”. Chi effettua la donazione viene inserito in un “elenco dei benefattori” e per ritirare il dono basta presentare un documento di identità valido.

C’è chi potrebbe obiettare che l’iniziativa è volta anche a migliorare gli introiti dei negozi partecipanti, e che non è necessario donare giocattoli nuovi ma anche usati in buone condizioni, ed è vero, ma non è questo lo spirito dell’iniziativa, almeno secondo me.

Mi immagino la gioia di un genitore che entra in un negozio e ritira un gioco nuovo per il suo amato figlio, gioco che magari non si sarebbe potuto permettere altrimenti. E’ diverso dall’accontentarsi di qualcosa di semi nuovo pur in ottime condizioni per mancanza di possibilità.
Forse è un balsamo per il cuore e per la dignità sapere di poter regalare al proprio bambino qualcosa con cui nessuno ha mai giocato, qualcosa per il quale lui sarà il primo e si sentirà speciale.

Spendiamo tanti soldi in stronzate, scusate il francesismo, che iniziative così semplici eppure emotivamente così forti scaldano davvero il cuore e dovrebbero essere proposte ovunque, perché ovunque ci sono bambini che credono in un sogno,che hanno desideri e speranze che non andrebbero deluse, almeno a Natale.

Se del consumismo non si può ormai più fare a meno, almeno che sia emotivamente condiviso, e che la famosa frase “Auguri a e te e famiglia “abbia un senso reale anche quando non sappiamo chi la riceverà.


Buon Natale…tutti i giorni! :)

martedì 13 dicembre 2016

Nel nome dei social....





Social network e privacy non vanno decisamente d’accordo. Sono un po’ come quelle amiche che fingono di piacersi ma in realtà non si sopportano.

Mi fanno morire dal ridere quelle persone che invocano la legge sulla privacy e poi postano su Facebook, Instagram,e via dicendo ogni momento della giornata, da quando la mattina cercano di togliere l’appiccicume degli occhi per vedere la luce a quando si abbandonano fra le braccia di Morfeo( sarà lui a fare l’ultimo scatto?)

Quando ero bambina, guardavo dalla finestra le luci accese nelle case vicino alla mia, e pensavo: “Chissà cosa stanno facendo le persone che abitano in quella casa in questo momento?”

I social network rispondono proprio a questa domanda e ci permettono di sbirciare nella vita degli altri e mostrare pezzetti della nostra, di affacciarci alla finestra delle loro esistenze e guardare dentro. Ma sono anche altri i bisogni che i social soddisfano: quello di essere visti (magari da qualcuno in particolare), di nutrire quel bisogno di essere al centro dell’attenzione  che tutti, chi più chi meno, coviamo dentro, di mostrare al mondo che nonostante l’età che avanza ci difendiamo ancora bene, o,dall’altra parte, che nonostante la giovane età abbiamo comunque qualcosa da dire.

Esibizionismo e voyeurismo sono due aspetti che i social nutrono con amore se rimaniamo in superficie, perché come in tutte le cose ci sono anche aspetti positivi che non possono essere tralasciati.
Chi vuole comunicare all’esterno la propria verità, trova nei social un pubblico molto vasto, che sarebbe difficile da raggiungere diversamente. Il ritorno mediatico, la pubblicità, la visibilità che il contenitore dei social offre è immenso, e anche chi scrive da un luogo sperduto sul cucuzzolo della montagna può raggiungere chiunque nel mondo. Portare avanti una causa e usare i social per diffondere l’informazione è una mossa vincente, perché tutti sono raggiungibili in questa maniera, e sulla quantità qualcuno che condivide il pensiero e decide di farlo proprio c’è senza ombra di dubbio.

Il problema nasce quando la vita sui social diventa quella vera, quando cioè ci si parla nei post, invece di farsi una sana telefonata ( in cui si sente il tono della voce, il suono di una risata, etc), quando si mandano messaggi ambigui che spingono gli altri a chiedere cosa è successo, tipo “Mattinata al pronto soccorso” e alla domanda”cosa è successo” la risposta è “tranquilla, te lo dico in privato”. E allora che cazzo lo scrivi su Facebook che tanto lo sai che chi legge chiede? O tutto o niente, o dentro o fuori, un po’ di coerenza.

Perché c’è questo bisogno di far sapere a tutti cosa si fa per poi ritirarsi nel silenzio alla prima domanda. Abbiamo davvero la necessità di condividere con tutti la nostra vita, i nostri interessi, di mettere sul piatto tutto quello che facciamo? Che poi se qualcuno inizia a spettegolare la risposta che diamo è”fatti gli affari tuoi! Tu che ne sai?”. Uno sa quello che l’altro pubblica, e si fanno dei film a volte sulle parole, sulle immagini, perchè questo è il mondo social.

Siamo in un grande Truman Show.

Che poi preso con leggerezza è anche divertente, è’ un passatempo a volte vedere cosa combinano gli altri, che pensieri condividono, quali iniziative simpatiche ci sono in giro. Con leggerezza però, perché il “troppo stroppia” sempre, e farsi prendere la mano è un attimo.

Sul podio della falsa provocazione e del cattivo gusto ci sono quelli che scrivono post su problematiche importanti quali il cancro, la sindrome di down, etc nella speranza, forse, di sensibilizzare l’opinione pubblica su questi aspetti. La cosa che sfugge a queste persone è che non sanno chi legge i loro post, e che il metodo che usano  per scuotere la coscienza è il più misero e abbietto.

“So che tu che leggi non hai vissuto questo dolore….so che non condividerai perché non sei stato toccato…copia e incolla sul tuo profilo per dimostrare che sei vicino alla causa..nessuno mi farà gli auguri perché sono diversa/o…copia sul tuo profilo (immagine di un bambino in un letto di ospedale) e non andare oltre senza scrivere Amen…e via dicendo”.

Ora, sono incappata in uno di questi messaggi proprio la settimana scorsa. Probabilmente chi lancia queste pseudo provocazioni tentando di agganciarsi al buon cuore o sensibilità delle persone non pensa che fra i lettori c’è invece chi ha realmente vissuto certe situazioni, o forse crede che le persone siano tutte cretine o che non entrino mai in contatto con un disagio.
Oltre a farmi una grande tristezza, questi post mi fanno arrabbiare da matti, e per questo motivo ho risposto in maniera cruda e senza mezzi termini a uno di loro. Sfortunatamente per me, io rientro nella categoria delle persone che quel dolore lo ha vissuto, e mi sento profondamente offesa da chi usa certe modalità per richiamare l’attenzione su problematiche importanti che meritano rispetto prima di ogni altra cosa.

Basta davvero condividere un’immagine triste o post strappalacrime per mettere a posto la coscienza? Che poi magari quando ci sono le raccolte fondi non viene dato neanche neanche un ero?

Ma tranquilli, abbiamo condiviso un post, siamo a post!


venerdì 2 dicembre 2016

La gente è tutta buona se la sai condire!!






Presa dal contesto in cui viene detta, non lascia presagire nulla di buono, visto che a proferirla è stato Annibal Lecter nel Silenzio degli Innocenti.

Per capirci, lui è quello che quando dice di avere un amico per cena tralascia il fatto che l’amico è anche la cena! 
Sono quei sottointesi che, a saperlo prima, uno magari ci pensa due volte prima di accettare, rimandando magari la partita di calcetto e acquistando anche un buon vino per accompagnare il cibo.
Guardata però da un’altra angolazione, questa frase si inserisce perfettamente nell’atmosfera buonista del clima natalizio. Natale porta sicuramente l’attenzione sulla necessità di un maggior ascolto e apertura verso gli altri, ma non compie nessuna magia se non ci mettiamo del nostro. 

Il famoso “Miracolo del Natale”dovrebbe essere un proposito che non rimane solo un’idea ma diventa azione dopo che le feste sono finite, e invece non fa in tempo a passare la befana che siamo di nuovo stronzi come prima. Lo stesso Babbo Natale è in terapia da anni ormai, non riesce a farsi una ragione del fatto che questo speciale momento dell’anno sia diventato solo la festa degli addobbi, dei regali, del tripudio di ogni tipo di leccornia e della falsità mascherata col sorriso.

“Auguri a te e famiglia”, e poi per i restanti 364 giorni dell’anno alla famiglia manco un saluto. La stessa cosa vale sui social. Centinaia di amici, auguri a tutti, e dal giorno dopo di nuovo nella conigliera.

Di cosa stiamo parlando? Quanto deve continuare questa farsa? Non è ora di fare basta?

Le persone sono molto meglio di quello che crediamo se cerchiamo un contatto reale  e sincero. Poi mica tutti sono la simpatia in persona, ma c’è del buono in ognuno e potenzialità che emergono se diamo loro la possibilità di venir fuori.

Cosa significa”condire una persona?”

Pensate a cosa succede quando condite un piatto, cosa fate? Aggiungete ingredienti per valorizzarne i sapori ed esaltarne il gusto. La stessa cosa vale con le persone. Se aggiungiamo ai rapporti che abbiamo i nostri migliori ingredienti, quella relazione assumerà un sapore diverso, e l’altra persona sarà portata a tirar fuori il meglio di sé per contribuire alla riuscita del “piatto”.

La gente è tutta buona se la sai condire.

Se sai valorizzare il buono che c’è negli altri, ti stupirai continuamente di quanto le persone siano in realtà diverse da come sembrano o da quello che fanno vedere.
A volte basta una parola gentile per abbattere muri, basta non fermarsi all’apparenza per scoprire che ci sono tesori nascosti dietro a porte che nessuno apre mai.

Diversi anni fa la posta nel mio condominio veniva consegnata da un postino che non rivolgeva la parola a nessuno, che rispondeva in maniera brusca e tutto sembrava tranne che simpatico. Un giorno mi chiede di scendere per firmare una raccomandata, col suo solito tono euforico da serial killer. Arrivo al cancello, era inverno e faceva un freddo cane. Gli dico allora dopo averlo salutato:
“Senta, non abbiamo ammazzato nessuno, venga in casa che le offro un caffè caldo. Mica vorrà che lo beva da sola?”
Incredibile ma vero: la sua espressione corrucciata si è sciolta in un sorriso, abbiamo bevuto il caffè, scambiato quattro chiacchiere e quando l’ho salutato e ringraziato per il suo lavoro, mi ha detto che nessuno era mai stato così gentile con lui, anzi. Le persone sono scorbutiche, maleducate e il suo atteggiamento era diventato uguale a quello degli individui con cui aveva a che fare ogni giorno.

Inutile dire che è stato il mio postino preferito per anni, fino a quando non è andato in pensione. E nel suo ultimo giorno di lavoro ci è venuto a salutare e si è pure commosso.

E ultima cosa, ma non certo per importanza, non era Natale.

Quindi direi di tirar fuori la valigetta con le spezie e iniziare a condire la nostra vita e quella delle persone che incontriamo con un po’ di estro e un briciolo di follia.

Buon week end Masterchef de noartri!!!