lunedì 18 luglio 2016

Tolleranza..



Mai come in questo periodo storico la parola “tolleranza” è stata protagonista di un dibattito così feroce. L’attentato di Nizza, il tentativo di golpe a Istanbul, la cronaca nera che butta benzina sul fuoco di stati d’animo ormai consumati dal dolore e dall’esasperazione, hanno creato un clima di “guerra fredda emotivo”.

Da un lato chi in preda alla stanchezza e all’esasperazione chiede con forza giustizia, azioni concrete contro chi si arroga il diritto di decidere della vita altrui e una presa di posizione concreta e ferma.
Dall’altro chi nonostante tutto chiede di non soccombere all’odio e alla paura, ma di dar fondo all’amore e alla tolleranza per non innescare un domino di violenza che forse porterebbe il mondo all’auto-distruzione.

Ma qual è l’atteggiamento giusto?

Personalmente non mi sento di giudicare nessuna delle due posizioni, perché a fasi alterne mi sento più vicina ad una piuttosto che all’altra. 
Ma in tutta franchezza capisco chi chiede un’azione forte e mirata. 
Se per un attimo mi metto nei panni di chi ha perso un familiare, o forse anche più di uno, in situazioni fuori dall’immaginario umano, come è successo a Nizza, non mi sento di rientrare in quel buonismo a volte forzato di chi ha guardato tutto da casa e non può neanche immaginare il dolore e il senso di abbandono che si può vivere in queste situazioni.
 Non ho un’indole pacata, paziente e neppure tollerante in alcuni casi, quindi una parte di me grida a gran voce “BASTA” con tutto quello che ne consegue.

L’atra parte invece sente il bisogno di pace, ed è profondamente commossa dagli appelli e dai messaggi di coraggio e amore di chi ha vissuto e magari subìto quelle situazioni e nonostante tutto chiede di uscire dal circolo vizioso della violenza che chiama violenza, lanciando in aria frecce di  amore, tolleranza, luce e ribellione al clima di paura col quale cercano di controllarci e manipolarci in ogni modo.

Ho sempre creduto che l’Amore fosse l’unica cosa in grado di cambiare il mondo, di migliorare le persone e di realizzare il sogno di un’umanità evoluta e giusta, ma in questi giorni capisco che il buio di questo periodo storico sta minando profondamente le basi della nostra coscienza e sbiadendo la speranza di vittoria. 
C’è un marciume ovunque che dà la nausea, violenza perpetrata su chi non si può difendere, abusi di ogni tipo, mancanza di coscienza generalizzata e una spirale di fanatismo fuori controllo, perpetrata in nome di un Dio che come un buon Padre di famiglia starà piangendo i gesti di questi figli scellerati e ingrati.

Nonostante questo nel mio cuore non ho perso la speranza che il bene trionferà alla fine.

L’unica domanda che mi faccio è: a che prezzo?


giovedì 7 luglio 2016

Benedizione...



Ieri sono andata a far visita a una cara amica che vive un momento “impegnativo” della sua vita, la malattia inaspettata di uno dei suoi figli, una bambina di sei anni. Malattia diagnosticata all’improvviso e arrivata come una doccia gelata.

Appena l’ho vista ci siamo abbracciate, e con mio grande stupore ho trovato una donna forte, coraggiosa e molto consapevole della situazione. 
Grazie al cielo le cure a cui la piccola è sottoposta stanno dando ottimi risultati, e nonostante la difficoltà nel vivere nuovi ritmi e una nuova quotidianità ho trovato un ambiente sereno, propositivo e di grande crescita personale.

Quello che mi ha fatto sorridere e commuovere allo stesso tempo è stato il breve racconto di come proprio questa malattia abbia ridefinito le priorità della sua vita e anche quelle del suo compagno. Credeva di dedicare molto tempo ai suoi figli, prima, mentre ora si è accorta che non era vero, che era solo un’illusione,  un inganno della mente e del vortice di impegni e doveri che ci fagocitano la vita ogni giorno.

“Lo so che può essere brutto da sentir dire, ma questa malattia è stata una benedizione”.
Questa frase che ha la forza di un uragano, possiede in sé una verità profonda e innegabile: non ci accorgiamo di quanto siamo ciechi di fronte alle situazioni fino a quando non arriva qualcosa a strapparci il velo dagli occhi.

Questa malattia nella sua gravità ha portato un messaggio importante, e cioè che bisogna “svegliarsi” o meglio “risvegliarsi” dal lungo sonno in cui viviamo senza nemmeno accorgercene. Siamo come dentro a un grande video game dove le fila del gioco le comanda qualcun altro,mentre noi crediamo di essere gli unici a tenere i fili della nostra vita, quando invece è il meccanismo in cui siamo inseriti a farlo.

Questo è un momento storico molto importante, in cui le coscienze sono chiamate al risveglio, in cui ci viene data la possibilità di prendere davvero in mano il nostro destino indirizzandolo verso il desiderio profondo del nostro cuore, in cui è necessario fare un ordine delle priorità “reale” e non illusorio, perché altrimenti saremmo chiamati a guardare la realtà in maniera forte e improvvisa.

Perché non riusciamo a vedere le cose importanti? Che filtro abbiamo davanti agli occhi che ci fa perdere il contatto con la realtà? Perché lasciamo che siano gli eventi a scandire i momenti della nostra vita invece di essere noi gli unici pittori del nostro quadro?

Quando ho visto la piccola, che si era alzata dopo un riposino, mi si è aperto il cuore. Mi ha guardata sorridendo e alla mia domanda:  “Come stai tesoro?” mi ha risposto con un sorriso “Bene”. 
Lei è già oltre. Oltre la malattia, oltre la fatica, oltre tutto.

Si sente bene, ha già vinto. Da grande farà la dottoressa e sono certa sarà bravissima. Ha già conosciuto la lotta, la sofferenza, l’accettazione di ciò che non si può cambiare ma solo affrontare, e si è fatta portatrice di u grande messaggio per la sua famiglia, con un coraggio e una luce negli occhi che mi hanno fatto riflettere tutto il giorno.

Mi sono addormentata con l’immagine del suo sorriso e mi sono risvegliata allo stesso modo, ma più ricca. Quel messaggio così forte è arrivato anche a me, e la benedizione insita in una situazione così difficile da accettare quando coinvolge un bambino l’ho respirata, l’ho sentita addosso, è entrata dentro, nel mio cuore.

Ci perdiamo in un bicchier d’acqua certe volte, viviamo vite d’apparenza, di superficialità gratuita, andiamo in crisi per le piccole cose, ci sentiamo vittime sacrificali del destino senza neanche sapere cosa vogliamo davvero, fino a quando non arriva la lezione, la sberla che lascia senza fiato, e a quel punto non possiamo più fare finta di niente, bisogna decidere chi vogliamo essere e avere il coraggio di fare quel salto che non si sa dove ci porterà ma dal quale non ci si può esimere.

Da certe scelte, che ci vengano imposte o che si presentino spontanee nella nostra vita, non si torna indietro.


Ha senso dormire per una vita intera e rischiare di essere svegliati così, con una secchiata d'acqua gelida?

domenica 3 luglio 2016

Strategia...









Un vecchio adagio sostiene che in guerra e in amore tutto è lecito. 

Ma sarà vero? 

E poi, il lecito a cosa si riferisce, anche all’illecito, al truffaldino, al calcolo? 
Oppure dipende dalla prospettiva da cui guardiamo le cose?
Quando incontriamo qualcuno che entra dentro di noi così, con una spallata, a volte serve un piano d’azione per non farsi travolgere dagli eventi. 
Non siamo sempre attrezzati per affrontare gli uragani emotivi che ci travolgono nella vita, e certe volte rischiamo di sprofondare nelle sabbie mobili del nostro stesso desiderio proprio di quell’uragano lì. 

Perdiamo la lucidità, il sangue freddo e anche il rispetto di noi stessi. a volte, accettando e sopportando situazioni che non ci appartengono, che non fanno parte di noi ma ci legano nostro malgrado .

E non le abbiamo cercate certe situazioni nè tantomeno volute, ma arrivano lo stesso e poi non siamo più uguali .

Può sembrare artificioso pensare di avere un piano d’azione  ma a volte è necessario, non tanto per non perdere la “partita”, ma per non perdere noi stessi.
Poi in un secondo tempo, ritrovato l’equilibrio, mettere da parte con gratitudine quel piccolo manuale di istruzioni che ci ha permesso di sopravvivere alla tempesta ed uscirne sani e salvi, oppure se vogliamo rimanerci, nella tempesta,  imparare almeno a ballare sotto la pioggia.

A volte poi neanche questo basta per salvarci da una caduta. Se è quello che deve succedere per insegnarci una lezione, accadrà comunque, ma se nel cadere ci facciamo un po’ meno male, 

perché no ?