venerdì 24 febbraio 2017

Realizza l'impossibile!



Essere se stessi, oggi, è tutt’altro che semplice. Avere una voce fuori dal coro e seguire fortemente solo la propria guida interiore è scomodo e sconveniente. Si viene additati come strani, poco affidabili, teste calde e cani sciolti. L’omologazione che oggi contraddistingue la nostra società ha creato un esercito di replicanti e di menti facilmente controllabili. E’ come se qualcuno, dall’alto, azionasse il telecomando e decidesse di far  fare cosa a chi. E questo vale per tutto, la moda, la spiritualità, la sessualità e persino l’alimentazione.

Un esercito di persone addestrate a non pensare più con la loro testa ma con quella del branco, a scegliere in base alla tendenze collettive e non più in base al sentire personale, a spegnere l’interruttore della propria personalità e unicità a favore di una triste e grigia omologazione .

La catena di supermercati tedesca Edeka, famosa per i suoi spot creativi, ha lanciato una campagna contro l’omologazione alimentare che , vuoi per comodità, vuoi per pigrizia o semplicemente per scelta (indotta), ha provocato negli anni un aumento esponenziale dell’obesità sia negli adulti che nei bambini.



Lo spot racconta di un bambino che ha un sogno, quello di volare, impedito da un “peso” eccessivo, dato dalla sua stazza fisica, amorevolmente nutrita da mappazzoni cosmici sempre uguali. Una famiglia obesa, che abita in una città obesa, dove anche i cani sono obesi e dove tutti mangiano sempre la stessa cosa, come un esercito di bravi soldatini.

Ma quando il perché è forte, il come si trova sempre. Il piccolo voleva spiccare il suo volo, e nonostante diversi tentativi falliti e una certa frustrazione nel sentirsi deriso da tutti per la sua audacia nel voler fare qualcosa di diverso, alla fine realizza il suo sogno.

La metafora dello spot richiama proprio la felicità nel veder raggiunto un obiettivo che si credeva inizialmente impossibile, in questo caso volare. L’obesità è una “malattia” da cui si può guarire, con sacrifici certo, e con una buona dose di volontà e amore per se stessi, uniti alla certezza che possiamo raggiungere obiettivi che pensavamo fuori dalla nostra portata.
Non a caso lo spot si chiama “EatKarus”, che unisce la parola “eat”, mangiare, a “Karus”, il mito di “Icaro”, che costruì insieme al padre delle ali per scappare dalla prigione in cui erano stati rinchiusi dal re Minosse.


Il bambino dello spot, dopo aver fallito diverse volte a causa del suo peso, capisce osservando un uccellino che forse il segreto era in quello che mangiava. Inizia così a cambiare alimentazione, a perdere peso e ad alleggerirsi, fino a quando riesce a realizzare il suo sogno di volare con le ali di carta che aveva costruito nel frattempo.

Cosa insegna questo video dolce e forte allo stesso tempo?

Che dobbiamo liberarci dalle cattive abitudini che appesantiscono la nostra vita,  svincolarci dai condizionamenti che ci impediscono di essere la migliore versione di noi stessi e spiccare il nostro volo verso i sogni che aspettano solo di essere realizzati.

Chi dirà che siamo folli o che non ce la faremo mai  è perché loro per primi sono dei falliti, e siccome sanno di non avere la forza e la capacità di raggiungere un obiettivo dicono a noi che non siamo capaci e che non ce la faremo mai.

Teniamo per noi i nostri sogni e facciamo ogni giorno un piccolo passo verso la realizzazione dei nostri desideri, condividendo solo il risultato, così saremo certi che nessuno tenterà di boicottarci.

Lo slogan dello spot dice: “ Mangia come vuoi essere”

Lo slogan della vita dice: “ Vivi come vuoi essere”.

Love and gratitude…                                  Realizza l'impossibile!


martedì 21 febbraio 2017

Sesso fra umani e robot: siamo davvero pronti?







E dopo il telefono che limona, il robot che ciula, giusto per non farci mancare niente.

Un sondaggio su scala nazionale ha rivelato che il 50% delle donne è insoddisfatta della sessualità all’interno delle relazioni. Ma dico io, c’era bisogno di scomodare un sondaggio nazionale? Bastava andare dalla parrucchiera il sabato mattina per sapere che il sesso appagante non abita lì.

E la dice lunga sull’argomento l’aumento delle vendite dei sex toys, che potrebbero sembrare appannaggio dei single e invece corrono in aiuto delle coppie, che vuoi per noia, per imbarazzo, perché centrifugate dalla quotidianità o semplicemente per pigrizia, vivono la sessualità con lo stesso brio che può avere un bicchiere di acqua naturale.

Il vero problema qui, amici uomini, è che la tecnologia viaggia a velocità della luce per soddisfare i bisogni di possibili acquirenti e che a seconda delle necessità  emergono soluzioni ad hoc che lasciano ben poco all’immaginazione. L’asticella si alza sempre di più e la competizione col mondo cibernetico è sempre più reale. 



L’insoddisfazione sessuale è un campanello di allarme estremamente importante all’interno delle relazioni e spesso e volentieri ne determina la fine. Ma cosa vogliono queste donne che gli uomini di oggi non riescono a dare? Non tutti gli uomini, che sia chiaro, non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma i maschi alpha in circolazione sono davvero pochi, e quelli che esistono se li sono già accaparrati donne intelligenti che ci hanno visto lungo.

Cosa vogliono le donne  a letto?

  • Prestazioni durature e appaganti, non cinque minuti di brio e poi bolla al naso!
  •  Il raggiungimento del piacere per prime e non uomini che consumano tutto il caricatore prima ancora che loro prendano la mira.
  •  Il raggiungimento del piacere.
  • Gioco e complicità

 Forse  queste richieste possono sembrare impegnative per alcuni, ma non per tutti, soprattutto se non sei di questo mondo. In Gran Bretagna si è tenuta una conferenza il cui argomento principale era “Sesso fra umani e robot”, con tanto di prototipo che probabilmente vedrà la luce e l’inserimento sul mercato attorno al 2025.



Questi robot, le cui prestazioni superano di gran lunga quelle degli uomini, rispondono senza dubbio in maniera positiva alle attese delle donne più esigenti e c’è anche chi avanza l’ipotesi (neanche così remota, secondo me) che molte donne potrebbero preferirli agli uomini stessi. In fin dei conti condividere la vita sessuale con un robot eviterà il rischio di malattie sessualmente trasmissibili, di gravidanze indesiderate e problemi di infedeltà.

L’informatico Alan Touring sostiene che nel 2050 si potrà discutere tranquillamente con un robot senza rendersi conto che è un umanoide.





Questi robot saranno anche sempre pronti  per ogni raptus sessuale delle loro “padrone”, non avranno tempi di recupero, non le lasceranno sul più bello ma le porteranno alla meta e anche più in là, non cadranno in un sonno eterno dopo l’amplesso e saranno disponibili anche alle coccole post rapporto, ma vogliamo mettere un uomo in carne e ossa?

Capisco che dopo questo preambolo il paragone sia difficile e non proprio a favore del genere umano, ma dove li mettiamo tutti quei dettagli che attivano i nostri sensi e a volte dirottano la nostra capacità pensante, come l’odore, il sapore, il calore di un altro corpo vicino al nostro, il suono della voce, l’intensità dello sguardo....

Com’è possibile che un robot sia più appetibile e interessante di un uomo?

C’è chi potrebbe dire che, dopo averli provati, tutto il resto è noia (soprattutto se se lo fa commissionare su misura), ma voglio continuare a fare il tifo per gli uomini.

Cercate di ripigliarvi però, che le sopracciglia ad ali di gabbiano, la pancetta che lievita come non ci fosse un domani, la pigrizia gratuita verso ogni tipo di nuovo stimolo uccide sia la fantasia che la creatività sud-ombelicale. 

Trovate la vostra via di mezzo, per favore,  tornate  a corteggiare, ad accendere il fuoco prima nella testa e poi in tutto il resto, amate la vostra donna come amate voi stessi e se non vi amate abbastanza  iniziate a farlo, che per quanto se ne dica, noi siamo noi, e questi robot non sono un cazzo! (Marchese del Grillo docet).



martedì 14 febbraio 2017

Kissenger...anche No!!!





Questa  non è scienza e  neanche fantascienza, bensì la tristezza più assoluta e l’inesorabile prova del declino del genere umano.

Una cosa sono i rapporti a distanza e un’altra è la distanza nei rapporti, che si crea quando si delega alla tecnologia ciò che è appannaggio dell’essere umano. Lo smartphone oggi è diventato più necessario dei farmaci salvavita. Se lo perdiamo o va in tilt cadiamo nella disperazione più assoluta, come se non ci fossero altri modi per comunicare o far sapere alle persone  che ci interessano che sono nei nostri pensieri.

Anche le chiamate sono ormai diventate obsolete, e pensare che solo la voce di una persona certe volte accende un mondo di fantasia azzerando qualunque distanza. Invece si comunica tramite messaggi, a volte vocali , immagini, video, non si formulano più neanche frasi per comunicare un pensiero o uno stato d’animo, ma si usano aforismi preconfezionati che fanno sembrare tutti un esercito di replicanti col cervello in stand by.

Ore e ore di messaggi, perdita di sensibilità alle dita, una fatica sovrumana per far passare un concetto che spesso e volentieri viene frainteso, quando con una semplice chiamata non solo non ci sarebbero malintesi, ma sarebbe molto più piacevole e divertente. Certo, ci sono occasioni in cui non è possibile, ma farne una regola è davvero triste.

Nell’epoca dei rapporti interpersonali fasulli e virtuali, c’è una new entry di tutto rispetto, sì, il rispetto di sta cippa!!! Un congegno elaborato da chi ha capito che mettersi in gioco davvero è cosa per pochi, e che è molto più facile giocare all’uomo piuttosto che esserlo.

Avete presente l’icona di Whatsapp che viene usata per dire che mandiamo un bacio? Lo smile col cuoricino sulla bocca? Ecco, fra non molto la useranno solo i nerds, perché un team di ricercatori di Londra ha sviluppato un dispositivo che permette di scambiarsi effusioni con lo smartphone attraverso un’applicazione chiamata Kissenger.

Un mini materassino in silicone dotato di sensori è la “protesi”  che tenta di simulare il bacio nella realtà.



Domanda: ma siamo seri?

Un oggetto superfluo per molti, una nuova frontiera per il sesso del futuro secondo altri, non a caso è stato presentato alla conferenza dedicata a “Love and sex with robots” di Londra, palcoscenico privilegiato di progetti e prototipi che pongono l’attenzione su come potrebbe evolversi l’erotismo nell’era dell’intelligenza artificiale.

Che poi di artificiale ha tutto, ma di intelligenza, a parer mio, ha ben poco. Perché secondo me la vera intelligenza è quella emotiva, quella istintuale, quella animale, veicolata sì dalla capacità pensante, ma non certo imbrigliata in mondi virtuali dove i sensi sono castrati oltre modo.

Ma vi vedete a fare i limoni col telefono? No dai, per favore, solo l’immagine mi dà fastidio! 

Eppure sono certa che accadrà, perché la tecnologia sta avanzando inesorabile e le persone tendono a privilegiare il rapporto virtuale invece di quello umano. Ciò che dovrebbe ridurre le distanze le accentuerà, perché verrà usato anche da chi non avrebbe bisogno.
“Perché sbattersi per andare a prendersi un bacio vero quando con questo sistema me la cavo dal divano di casa?”

Come perché, porca miseria!!!???

Perché non c’è niente che possa anche solo lontanamente simulare il calore, il sapore, l’emozione di un bacio vero dato a chi amiamo. Non parlo di chi sta in due continenti diversi e cerca di ridurre la distanza come può (anche se non è una scusante perché io, a suo tempo, ho preso un aereo per andarmi a prendere i baci dell’uomo che amavo che lavorava all’estero), ci sono situazioni indubbiamente di difficile gestione,e la tecnologia qui viene in aiuto.
Parlo di chi abuserà dello strumento, impigrendosi oltremodo e snaturando i rapporti fino a creare un gelo che li annienterà. 
Mi viene in mente la canzone “Che ne sanno i 2000”, e penso che forse in futuro mi chiederò: ma che ne sapete voi delle poste sotto casa per vedere la persona che ti piace anche solo per un istante, dei baci rubati, delle mani sfiorate che fanno venire i brividi, dei chilometri in treno, in macchina per stare anche solo il tempo di un caffè insieme a chi amiamo, delle telefonate chilometriche e del desiderio di quel contatto umano che oggi sembra passato in secondo piano rispetto al virtuale, delle ricerche certosine di informazioni sulla persona che ci interessava attraverso amiche e amici, quando oggi con Facebook sai anche quanti peli uno ha nelle orecchie.

E a san Valentino c’era il bigliettino scritto a mano, cazzarola, non il gif o la frase preconfezionata su Facebook.

Dove andremo a finire di questo passo? Invece che umanizzare il virtuale, stiamo virtualizzando l’umano. Invece di spingere per ritrovare la gioia di vedersi, stare insieme, organizzarsi per rubare al tempo attimi di felicità, mettiamo protesi al nostro cellulare e limoniamo con lui.
Ci rendiamo conto vero?

Se penso a questa applicazione capisco che siamo in mano a chi usa i nostri bisogni per controllare tutto di noi, mente, emozioni, creando dipendenze reali da questi strumenti senza i quali non riusciamo più a stare.

E dire che il bacio, per me, è patrimonio dell’umanità!!!


Dal disagio è tutto.