Nessuna
disarmonia a cui possiamo dare il nome di malattia è priva di una ragione.
Ogni
manifestazione ha una o più cause che l’hanno originata, sebbene le cause
possano essere molto diverse
Quando
la causa è temporanea, il malessere è passeggero. Qualsiasi forma di eccesso,
come una sovraesposizione al sole, mancanza di sonno, sforzi fisici eccessivi,
può dar luogo a indisposizioni che scompariranno nei giorni seguenti la fine di
tale eccesso. Questa temporanea disarmonia
può essere fisica quanto psichica, ovvero può derivare da pensieri,
sentimenti o emozioni. Per esempio una collera “inghiottita” o espressa con
furia può dar luogo al mal di gola.
Emozioni intense gestite male, non
riconosciute oppure non viste nella loro funzione di “insegnante” si manifesteranno
con sintomi sempre più gravi fino a quando la lezione non verrà assimilata. Il
nostro corpo allora attiverà la modalità di ripresa. Ecco perché
l’autoguarigione sta nel riconoscere le cause della sofferenza, trovare la
soluzione che pone rimedio alle cause e aiutare il fisico a riprendersi.
La
malattia può esprimere: “non vedete che soffro”? E’ il caso di chi si prende
cura degli altri mettendo se stesso all’ultimo posto, sacrificandosi
totalmente, non riuscendo a chiedere aiuto a nessuno. In questo caso la
malattia parla per lei/lui, esprimendo il bisogno di essere accolti nel proprio
dolore, di essere accuditi e soprattutto “visti”.
La
malattia può essere la scusa per smettere un’attività o un lavoro che non ci
piace più, o dire quel “no” che non riusciamo a dire per paura di essere
respinti o non amati, per poter sfuggire a incombenze che pesano ma che
scatenerebbero sensi di colpa difficilmente sopportabili.
La
malattia può essere l’occasione di sfuggire a una situazione di cui non vediamo
la soluzione o un mezzo per carpire l’attenzione delle persone che amiamo.
Quest’ultimo caso è ben visibile nei bambini, ma anche gli adulti lo conoscono
bene. Queste sono forme di ricatto morale che purtroppo attecchiscono bene su
un terreno debole già segnato dai sensi di colpa, una delle peggiori e subdole
manipolazioni che esistano.
La
malattia può essere un mezzo per colpevolizzare la persona che riteniamo
responsabile della nostra sofferenza. Tante persone si autodistruggono pur di
addossare la colpa alla persona che amano, colpevole, secondo loro, di aver
causato la loro sofferenza.
La
malattia può anche essere espressione di una rinuncia, come nel caso delle
malattie degenerative o nelle depressioni. In quest’ultimo caso le persone non
hanno più il gusto di vivere e si lasciano andare. Ciò accade spesso a seguito
di una forte emozione, come una perdita affettiva o finanziaria o una
separazione in cui ci si sente abbandonati, oppure quando non si vede via
d’uscita da una situazione dolorosa.
In
ogni caso la chiave per la guarigione, sia essa fisica o emotiva, va cercata
nelle cause che hanno scatenato una determinata situazione. L’osservazione e la
consapevolezza che non siamo dei corpi scollegati dalla nostra anima ci
permette di leggere i sintomi in maniera diversa, a 360 gradi, rielaborando
anche avvenimenti a cui magari non abbiamo dato molta importanza ma che ci
hanno in realtà segnati in profondità.
Quando
i meccanismi che usiamo per ottenere ciò che vogliamo vengono scoperti, essi
non hanno più alcun potere su di noi, e siamo liberi. Per fare questo,
tuttavia, bisogna incamminarsi sul sentiero dell’ascolto attento di ciò che
sentiamo e sull’accettazione totale di noi stessi, senza paura del giudizio o
dell’abbandono.
L’unico
abbandono che possiamo vivere davvero è quando perdiamo noi stessi.
Buon
viaggio anime alla ricerca.
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