Mia nonna diceva sempre che chi nasce tondo non può morire quadrato, e mio
padre mi ripeteva sempre che “nella vita è meglio pentirsi di aver fatto male
che pentirsi di non aver fatto”.
Io chiaramente ho utilizzato questi
e altri detti come alibi per giustificare le bravate commesse per seguire la
mia indole, libera e selvaggia, che mi porta spesso a vivere situazioni non
sempre facili da gestire.
La domanda che mi sorge spontanea è questa: “Come si fa a fare pace con se
stessi e ad essere amici della propria indole invece di subirla ?”
L’accettazione di sé è davvero la chiave che apre la porta del nostro castello
?
Siamo talmente abituati a giudicarci, criticarci, sentirci impotenti di
fronte alle prove della vita che perdiamo di vista il potere che abbiamo nel
dare alle situazioni la direzione che vogliamo.
Se abbiamo un’indole mite, il nostro dono è sicuramente quello di
affrontare la vita con un atteggiamento rilassato e paziente, cosa che non è
possibile se ciò che anima il nostro essere è il fuoco e l’impazienza di
un’indole ribelle. Ma in entrambi i casi accettare di essere in una certa
maniera ci permette di capire che c’è un tempo necessario per ogni cosa, per
afferrare un’opportunità o per lasciare andare ciò che rallenta il nostro
viaggio, per lasciare che una situazioni maturi o per spiegare le ali e
spiccare il volo.
Quello che siamo è il risultato di ciò che crediamo di essere, di quello
che ci hanno sempre ripetuto sin da bambini e delle esperienze che
abbiamo fatto nella vita, ma dietro questo assunto c’è invece un grande
inganno. Noi siamo molto di più di ciò che la nostra mente ci fa credere,
e possiamo ottenere ciò che desideriamo se ci permettiamo di entrare in quella
zona di rischio che ci apre le porte su un nuovo modo di essere in aggiunta a
ciò che siamo già.
E’ chiaro, se sono una persona che corre, a fatica riuscirò a “camminare”,
ma se mi concedo il lusso di rallentare un po’ e guardare il paesaggio anche mentre
percorro la vita col ritmo che rispetta chi sono, ecco che posso diventare
molto di più di quello che ho sempre creduto di essere. Posso correre guardando
il paesaggio, permettendomi di fermarmi se lo desidero senza paura di perdere
qualcosa per strada. La mia velocità mi potrà così permettere di assecondare il
mio ritmo assaporando ciò che ho intorno.
Le potenzialità che abbiamo rimangono spesso allo stato embrionale perché
non crediamo di essere in grado di svilupparle. E questo perché a livello più o
meno conscio crediamo a quello che ci è stato detto e ripetuto più di una
volta: “sei sempre stato inconcludente sin da bambino” “hai iniziato duemila
progetti senza portarne a termine nessuno”, “ tu sei così”.
In realtà queste definizioni sono solo credenze e spesso alibi per non
mettersi in gioco e iniziare quel percorso difficile e tortuoso che è il
cambiamento. E’ vero, chi nasce quadrato non diventerà mai tondo, ma potrà
smussare gli angoli, se vuole, e diventare molto più flessibile nelle
situazioni di quanto mai avrebbe creduto se non avesse deciso di iniziare un
nuovo viaggio, non solo per cambiare ma soprattutto per scoprire lati di sé che
mai avrebbe creduto di possedere.
Personalmente sono una fan sfegatata dell’essere umano, credo fermamente
che ognuno di noi possieda doti straordinarie e la capacità per usarle nel
quotidiano per dar forma ai nostri desideri o semplicemente per vivere al
meglio la nostra vita. E credo altresì che una volta fatta chiarezza su ciò che
desideriamo davvero non importa se siamo tondi o quadrati, raggiungeremo il
nostro obiettivo, ognuno con la propria modalità e al momento giusto.
Io corro da sempre, non credo di conoscere un altro modo per vivere la vita
e mi sento bene nella mia pelle e nel mio ritmo. Probabilmente la mia più
grande fatica ma anche principale lezione è imparare a rallentare per fare
pezzi di viaggio assieme ad altre persone. La condivisione del cammino è momento di grande crescita,
scambio, tolleranza e umiltà, condizioni imprescindibili per diventare persone
migliori.
E ho scoperto che rallentare non è così male a volte, si notano una marea di particolari che in una corsa forsennata si perdono di vista, e il
paradosso è che fra queste cose che sfuggono nella velocità ci sono anche
persone che corrono come me, e che proprio in quel momento di lentezza posso
incontrare.
Correre e camminare non si escludono ma si completano.
La vera magia è quando incontriamo qualcuno che corre con noi….o che sta
camminando per aspettarci!
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