Generazione
“ANTA” non è il titolo di una nuova band, ma il brand dei nuovi adolescenti,
degli adulti di nascosto, dei “diversamente giovani”, che nonostante il tempo
che passa sono rimasti vivi dentro, non rassegnati all’età che cresce, ma
sempre ben ancorati a quel fuoco che arde prepotente nel cuore di chi sente la
vita in ogni sua parte.
Qualche
giorno fa parlavo con un carissimo amico, che ha da poco passato gli anta, non
i primi (Quaranta), ma i secondi( cinquanta), e mi ha confessato una paura che
a volte assale anche me, quella di non avere più tempo per le cose belle della
vita, come le passioni forti, che ti ricordano in ogni istante di essere vivo.
Avete presente quando vi innamorate follemente di qualcuno e poi la storia
finisce e vi ripromettete di non innamorarvi più per non soffrire ancora? Ma
poi sperate con tutto il cuore che accada presto di nuovo perché senza quelle
emozioni la vita non ha sapore? Ecco , è questa inquietudine che la generazione
”anta” ha paura di non avere più, quella di aver già sparato le cartucce
migliori e non avere più il tempo e il modo per sentirsi “giovane”.
Che
poi i giovani di oggi non sanno divertirsi e nemmeno godere appieno della loro
magnifica età. Hanno tutto, non devono sudarsi nulla e perdono il gusto della
conquista seguente alla fatica di dover dimostrare di avere gli attributi. Gli
uomini non sanno più corteggiare perché le donne gliela danno la prima sera, e
il gioco della conquista finisce lì.
La
generazione “anta” viene da un mondo diverso,in cui dovevi inventarti di ogni
per stupire la ragazza di turno, in cui dovevi essere in gamba per colpire il
ragazzo più ambito. Era un tempo in cui dovevi sfruttare tutte le qualità che avevi
per conquistare il tuo obiettivo, e a volte non bastava neanche quello. Eppure
tutto quell’impegno, quel lottare, quel gioco di strategia valeva sempre la
pena a prescindere dal risultato.
I
ragazzi oggi vivono edulcorando la realtà, non si stupiscono davvero per niente
e sembra non siano davvero coinvolti nella loro vita ma che la vivano e
guardino come degli spettatori, con un distacco che a volte lascia basiti.
Eppure le emozioni che vivono in questa fase della loro età sono le più belle,
quelle che accendono, sconvolgono, fanno arrabbiare ma che poi in seguito
riconosceranno come quelle necessarie per sentirsi vivi.
Parlando
del figlio che ha poco più che vent’anni, il mio amico mi racconta di come non
vede in lui quella passione per la vita che aveva lui alla sua età, quel gas
che incendiava l’aria e quella voglia spasmodica di fagocitare le situazioni e
non farsi scappare nulla.
Non vede nei giovani di oggi l’attenzione al tempo
che passa, la consapevolezza di quello che vivono e l’impegno per fare di ogni
istante un momento memorabile, ma un incedere quasi annoiato nella vita.
C’è il
lavoro nell’azienda di famiglia, ci sono i soldi, la macchina, il cellulare(
che ha sostituito i rapporti interpersonali)c’è la possibilità di accedere
facilmente a tutto, e di conseguenza la perdita di entusiasmo quando si ottiene
qualcosa per la quale in realtà non si è investito più di tanto.
La
generazione “anta” viene da un’altra scuola ed è incomprensibile per lei vedere
ragazzi che si lasciano scappare occasioni importanti o che non vivono appieno
le situazioni.
Quando
si è ragazzi non ci si pensa a queste cose, ma quando il tempo passa e gli anni
si fanno sentire, quello che manca non
sono i beni materiali, che sono sì importanti ma non fondamentali, sono le
EMOZIONI.
La
generazione “anta” teme di non aver abbastanza tempo per le emozioni che
squarciano il petto e fanno sentire tremendamente vivi, temono cioè di avere il
pane ma non i denti.
I
ragazzi al contrario hanno i denti ma il pane non lo trovano neanche se glielo
tiri nella schiena! Qual è il compromesso allora?
Ogni
generazione ha il suo punto di forza e la sua debolezza, e della generazione
attuale il punto debole è sicuramente quello di non assaporare fino in fondo il
gusto della conquista, perché in realtà non fa alcuna fatica ad ottenere niente.
La
generazione “anta” invece teme di non aver più modo di cavalcare l’onda, e
questo crea uno sconforto e un disagio che colpisce nel profondo e che a volte
spinge uomini e donne ad infilarsi in avventure ai confini della realtà.
Non
posso fare a meno di chiedermi: come mai fino a una certa età il tempo sembra
andare al rallentatore e subito dopo iniziare a scorrere alla velocità della
luce? Dov’è l’inganno o l’interruttore che rallenta questa corsa?
E perché di
tutto quello che può mancare sono sempre le emozioni che vincono il banco?
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